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Articoli che riguardano attività passate del settore senior e master

A Palombara giovani rifondaroli….

Ed ecco l’attesa gara palombarese Running Solidarity… Gara somara per antonomasia, visto che il percorso di gara non ha più di 100 metri di pianura ma è un incessante saliscendi, per circa 10 km.

Oggi non mi dilungherò con la solita cronaca frammista alle personali elucubrazioni mentali,  ma con piacere vorrei farvi partecipi del successo dei giovani atleti del settore giovanile palombarese per la bella prova nella non facile non competitiva di 2 km ondulati. Primo assoluto Mattia Amici e Lara (alla partenza con la sua ex maestra Letizia) prima delle ragazze. Ottima prestazione della piccola e combattiva Penelope e complimenti per il debutto di Flavio.

Una splendida giornata di sole ha visto svolgersi la gara dei master nei pressi di Villa Villacolle, tana della Vipera, che non ha perso occasione per menare le… gambe e arraffare il premio di categoria.

Nell’attesa: buon 25 aprile e buona Liberazione.

Teoria delle Stringhe

Non sto certo alludendo a quelle delle scarpe… anche se loro, sono sempre un problema, soprattutto quelle delle Mizuno e delle scarpe da gara, che si slacciano in continuazione se non le leghi col doppio nodo, bensì alla teoria della fisica che vorrebbe conciliare la relatività con la meccanica quantistica (beh più o meno).

Ma che centra la fisica con la corsa? Ecco… metti un sabato della vigilia di Pasqua, la Vipera berus che va a fare una corsetta sgrassa panza con quel matematico di un nerd di Mr Pumpkin-Zucchi in quei di Villa Ada e tutti i piani relativi agli impegni agonistici del periodo pasquale, vanno a farsi fottere, anche se vedrete, non tutti i mali vengono per nuocere.

Insomma, quando corri con i matematici, i fisici, con quella roba chiamata “nerd”, si comincia sempre per parlare dei massimi sistemi, dei principi matematici dell’economia, delle ultime teorie della fisica teorica e sperimentale e si finisce sempre con discutere di Star Wars, dell’Impero Intergalattico, di  Philip K. Dick e le pecore androidi, tutto rigorosamente in linguaggio Klingon. Fatto sta che chiacchiera che ti chiacchiera, arriviamo sul Lungotevere nei Pressi di Ponte Milvio, passando per via dei giubbonari ad appena 1h 50m e 18 km di corsetta. Belli cotti e con una fortuna dalla C maiuscola, veniamo raccattati all’altezza del Ponte di cui sopra dalla Direttrice in pulmino, che neanche a farlo apposta, passava lì per caso con la squadra giovanile al seguito, di ritorno da un allenamento in pista. Senza neanche chiedere, ci siamo fiondati nel pulmino e via a casa.

Evidentemente dopo quel lungo ho dovuto sconvolgere le mie velleità agonistiche e rinunciare alla pomeridiana gara di Vazia, dove poi ho saputo che si è ben imposta la lupa della Marsica, altresì detta  la Baba-Jaga rifondarola,  col coltello in mezzo ai denti (eh cara Cristina R. anche a te toccano, oltre alla gloria, un po’ di soprannomi, mica solo io…).

Qundi, dopo una Pasqua all’insegna di digiuni e stenti, per conservare una precaria forma fisica, a pasquetta mi sono concentrata sul Tris del Lunghissimo del Centro Italia, al Trofeo Agricola Valle Santa dove  gli ho dato forte, come si suol dire, nella gara da 10,4 km. In realtà le distanze erano tre: 10.4, 21, 31 km. Utilizzando un approccio scientifico degno da teoria delle stringhe e analizzate tutte le variabili sono riuscita a selezionare la distanza giusta per poter agguantare il gradino più alto del podio. Che in questo caso trattasi dello scatolone dell’uovo di pasqua, grazioso pacco gara di questa manifestazione.

Dunque anche queste festività sono passate. Ora tocca concentrarsi sugli impegni futuri,che comprendono gare in pista, in carcere, in trasferta e sul fiume. E guai a mancare, altrimenti la Direttrice con le stringhe ce sega er collo!

Saluti a Maljs Blom e a Yahya Boudouma, grandi atleti e compagni di questa corsa Pasqualina.

Quo vado?

Mentre imperversa la febbre della maratona e le zone calde del criterium calcano il basalto dell’Appia Antica, la Vipera berus serpeggia altrove. In preda a un’inquietudine stagionale, molla nuovamente il fronte delle sfide interne per dedicarsi a manifestazioni di tono decisamente più riservato, confinate nell’Interland romano del Nord-Est. Un buon tempo sui 10.000 e un podio (di categoria) sono anche un modo per auto misurarsi la febbre, in prospettiva di un ritorno stile Conte di Montecristo, in occasione della trasferta di società, ma prima tante altre belle gare ci attendono, per una stagione ricchissima dove c’è l’imbarazzo della scelta. Tante iniziative, pur non essendo comprese nel criterium (non è possibile metterle tutte), sono veramente dei “MUST”. Come non mancare ad esempio alla Vivifiume, altresì detta la Gara della Direttrice, dal profondo spirito ecologico e metafisico, al cospetto del padre delle acque dei romani? E che dire della gara ad Olevano dal Potente? E la Corsa del Partigiano? Ci sarebbe anche Palombara, a casa della Vipera… Poi c’è Rebibbia, uomini e donne… Una vipera compulsiva quale sono vorrebbe avere  il dono dell’ubiquità visto che alcuni eventi sono in contemporanea. E quindi che fare? Al Romix, domenica pomeriggio ho trovato la risposta alla mia domanda iniziale, cioè: Quo vado?

Eccola nella foto in calce. Free Hugs.

50 anni la mia prima maratona

Questo era il titolo dell’articolo  che aveva scritto l’ottimo Mauro l’anno scorso, dopo aver fatto la sua prima maratona …. a cinquant’anni, ai tempi non era nei miei programmi fare una maratona a breve, ma mi sentivo che era un esperienza che prima o poi avrei fatto, ma chissà quando: sciatica, acciacchi vari, non era mai tempo. Poi alla fine mi ritrovo per tre mesi di seguito a correre senza problemi, sarà lo yoga, saranno gli aminoacidi ramificati che ho iniziato a prendere dopo gli allenamenti più intensi. Mi ritrovo a correre la mezza maratona di villa Pamphili con il cappello di babbo natale, tutta bella imbacuccata per il freddo,  mi sento in forma, mi piace l’idea di spararmi quei due giri lunghi, non sento la fatica  e mi dico: ma se non la faccio quest’anno, quando mi ricapita? La decisione resta nel limbo, ma oramai è presa: Angelo e Francesco avevano già deciso di correrla, vedo dal sito che per chi è alla prima esperienza quest’anno si pagano “solo” 50 euro, insomma mi iscrivo. Devo dire che gli allenamenti per la maratona sono stati bellissimi: innanzitutto si corre a un ritmo molto più lento del solito, quindi si fa meno fatica, poi i lunghissimi che si allungano sempre di più li ho fatti quasi sempre in compagnia: Marco, Cristina, Isa e tante altre persone mi hanno accompagnato per pezzi di corsa lunghi o brevi, ci siamo scambiati confidenze, abbiamo scherzato, chiacchierato e corso per Roma a un ritmo tranquillo  macinando chilometri, il tempo volava e io mi vedevo sul mio orologio gps: 25, 28, 30, 34 km. Gli allenamenti in solitaria li ho fatti un po’ più forte ed ero contenta di vedere che il mio fisico reagiva bene. L’unica preoccupazione era trovare le scarpe giuste, ne ho comprate tre paia e non riuscivo a trovarne una che mi evitasse un fastidioso dolore sotto il piede sinistro, opto quindi per il mio vecchio paio di Brooks Launch, con un paio di buchi ai lati, che mi avevano egregiamente fatto correre la Miguel, la Roma Ostia e tutti i lunghissimi senza dolori.

Arriva il 2 aprile, arrivo al Colosseo alle sette e 20, è pieno di transenne e bisogna fare un sacco di strada per arrivare al vero ingresso della maratona, quando finalmente  valico l’ingresso, lì mi sembra quasi di uscire dal mio corpo e di vedermi dall’alto che sto entrando. Questo tipo di sensazione l’ho provata già due volte in occasione di una grossa impresa, riconosco la sensazione, quasi me la aspettavo, mi sento che sto per fare una cosa grande. Parlo poco con le altre persone, vedo Francesco, ci salutiamo, ma poi ognuno va per conto suo. Una mia preoccupazione è fare pipì, cerco di non bere troppo e mi metto in fila per i bagni, ma la fila si sa è sempre lunghissima, quindi quando arrivo in griglia c’è già un muro di gente. Mi piacerebbe mettermi vicino ai palloncini rosa delle quattro ore, cerco di farmi largo tra le persone, ma avanzo di ben poco.

Iniziano le partenze. Il cielo è sempre più nero, si sente lo speaker che chiama il via dei disabili, il via dei top runners, poi i pettorali verdi e infine alle 8,51 tocca all’enorme popolo dei pettorali arancioni, quelli senza tempo di accredito o con un tempo scarsino. Esattamente nel momento in cui si da il via inizia una pioggia a goccioloni grossi che si fa sempre più forte, si va verso sud e il cielo è nerissimo, si sentono i tuoni e l’acqua rende i sanpietrini molto scivolosi. All’altezza del Circo Massimo si pattina, arrivati verso San Paolo ci sono pozzanghere alte venti centimetri. Bisogna stare concentrati e attenti a dove si mettono i piedi, anche perché c’è veramente un sacco di gente che corre nel mio gruppo e al mio passo. Ma forse il meteo di questo tipo non è un grosso handicap: non si soffre il caldo, non si sente la sete e poi la pioggia mi fa sentire più concentrata. Cerco di mantenere un passo regolare, anche se sento che potrei andare più forte, mi impongo di non scostarmi dalla media di 5’40”. Per un oretta poi smette anche di piovere, mi sento molto carica, un gran senso di esaltazione, Roma è mia, sono una persona felice e soddisfatta: ho due figli meravigliosi, un compagno che adoro, un lavoro che mi piace, ho cinquant’anni e sto pure facendo una maratona, ma chi mi può fermare? Per fortuna mentre sono in preda ai miei deliri di onnipotenza uno strano autovelox dentro di me mi impedisce di allungare il passo, quindi rimango costante. Si passa per San Pietro, quartiere Prati, faccio pipì tra le macchine al 23° km, bevo acqua ai rifornimenti imponendomi di fermarmi per evitare che l’acqua mi vada per traverso, arrivo a villa Glori al 29° km che sto ancora benissimo. Lì trovo Marco che mi affianca fino alla fine. Non avevo detto una parola da quando ero uscita di casa e parlando con lui urlo, mi incacchio anche con lui perché non aveva programmato la registrazione della diretta della maratona, sono carica di adrenalina. Saluto mio padre che era venuto a vedermi sul percorso. Al 35° Km le gambe si iniziano a fare pesanti. Non mi ero mai spinta oltre 34° Km, tutto quello che veniva dopo per me era un incognita, ho paura che all’improvviso succeda qualcosa che mi faccia fermare. Sento che faccio più fatica a mantenere il passo, le anche mi fanno male (questo penso sia dovuto al mio modo sbagliato di correre), intorno a me però vedo tanta gente correre scomposta. Per fortuna stavolta Marco non mi cazzia perché non sollevo i piedi, ho il ginocchio rigido ecc., ma mi sprona e mi da sostegno e questo sicuramente mi aiuta. Perdo leggermente terreno rispetto ai palloncini rosa delle quattro ore, so che loro sono partiti circa una quarantina di secondi prima di me, ma non riesco a quantificare quanto sono lontana da loro e io a questo punto VOGLIO arrivare in meno di quattro ore! Il periodo più duro è tra il 36° e il 39°: entriamo dentro il centro, Marco mi incoraggia e mi dice che questa è la parte più bella, che Roma è mia e che sto facendo un impresa grande, ma il mio unico pensiero sono i palloncini rosa. Sul pettorale c’è il nome, nelle vie del centro sento gente che mi dice: dai Marcella!! E io penso: ma chi cacchio è, non lo conosco? Penso che dovevo avere lo sguardo da pazza con gli occhi a palla iniettati di sangue, un po’ mi sento così. Ogni tanto qualcuno attraversa la strada: penso e dico a Marco: se qualcuno mi taglia la strada lo uccido! Verso il 39° cambio passo, accelero, via del Babbuino è stretta ed ha iniziato a diluviare di nuovo, tantissimo, peggio di prima. Inizio a superare un botto di persone, voglio raggiugere i palloncini, a qualunque costo. Intorno a me c’è gente che cammina, qualcuno si butta per terra con i crampi, espressioni di fatica, gente che corre tutta storta. Ma io oramai penso solo a raggiugere i palloncini, i sanpietrini bagnati sono scivolosi, quando posso corro sul marciapiede. Andiamo sotto il traforo, si sbuca in via Nazionale ed è tutta discesa, è fatta! Diluvia sempre di più, si scivola, ma io devo raggiungere i palloncini. Gli ultimi 500 metri li faccio a 4’40”, vedo il grosso arco dell’arrivo con lo sfondo del Colosseo, il timer dice 3ore 58minuti e qualcosa, devo arrivare prima che scocchino le 4 ore. Raggiugo e supero i palloncini rosa mentre il timer dice 3 ore 59’57” mentre il mio orologio gps dice 3 ore 59’22”. Ce l’ho fatta!!!! Ho finito la maratona!!! Mi viene da ridere, da piangere, più da piangere. C’è gente che singhiozza, piove tantissimo e inizio a battere i denti. Mi bevo un gatorade in un sorso solo, la bottiglia si accartoccia risucchiata dalla mia sete. Mi cambio, raggiungo il buon Marco che era fermo da venti minuti sotto la poggia ed è morto di freddo, ho un cambio anche per lui. Per andare al motorino non riesco a camminare, ci mettiamo un sacco, ho le anche bloccate. Alla fine cammino all’indietro con Marco che mi dice la direzione.

Un esperienza unica e bellissima. Il giorno dopo sto miracolosamente bene, andando in ufficio in motorino vedo lo scorcio di via dei fori con dietro il Colosseo, penso all’emozione dell’arrivo, mi parte un brivido per la schiena e mi escono le lacrime.

Ringrazio Marco per le tabelle di allenamento , i consigli e l’incoraggiamento e per tutto quello che mi sta dando, senza di lui questa impresa non l’avrei mai fatta.

Dissidenten!

Tutto cominciò una notte di fine inverno. Mi cimento nella lettura del libro “L’interpretazione dei Sogni” di Sigmund Freud. Mi si apre un mondo che in parte già conoscevo, quello dell’inconscio, del flusso di coscienza, della Meditazione creativa.

Ma veniamo ai fatti.

Qualche giorno fa, in preda a chissà quale isteria (ed ecco che torna Freud), mi iscrivo alla mezza maratone di Berlino che si terrà nell’omonima città il 20 agosto.

Sono acciaccata, con il nervo sciatico dolorante e tanta stanchezza per i tanti, troppi km percorsi. Ed ecco sopraggiungere il gesto inconsulto, la follia, il nonsenso.

Tuttavia ci sarà pur un motivo per questa improvvisa scelta di gareggiare una mezza estiva, con tutto ciò che comporta, ma sembra che un improvviso cambiamento di idea sopraggiunga questa mattina di domenica, in cui decido di “sfanculare” la gara di criterium, di cui fino a sabato ero immeritatamente e spudoratamente di nuovo in testa, per il Cross del Tevere, organizzato da UISP Monterotondo, nel pistino dove a volte ci alleniamo noi dell’Interland del Nord Est romano, a Monterotondo Scalo.

Trattasi di un Memorial, per una persona che non c’è più e che ricordo con grande affetto e simpatia, Raffaele Esposito, compagno di tante corse e tanto tempo fa anche di squadra. Questa è forse una delle motivazioni più o meno inconsce che mi fanno cambiare strada questa domenica mattina anche se non nego che un poco di pigrizia e il fatto di avere la possibilità una volta tanto di gareggiare vicino casa hanno sicuramente inciso. Con me c’è anche Lord Nulli, che forse ha disertato la gara di criterium con motivazioni analoghe alle mie, ma non sta a me dirlo.

Il clima è decisamente familiare. Ci gettiamo nella gara che seppur corta si rivela impegnativa per la presenza di un fondo a tratti sodo ma più spesso con soffici zolle erbose.

Comunque ci difendiamo e riportiamo a casa un terzo posto di categoria ciascuno e rappresentiamo degnamente RP.

Però voglio dire che alla fin fine, vedere tutti quei bei rifondaroli sul podio a Tor Tre Teste mi ha fatto anche un pochino rosicare, magari un po’ il filo da torcere a Marcella nel Parco dell’Alessandrino e provando a sfilarle il plaid del primo di categoria, avrebbe avuto sicuramente il suo fascino…

Ma da  viperaccia quale sono, a volte mi piace disobbedire e uscire dal seminato per percorrer sentieri spinosi, e prendere decisioni apparentemente controcorrente…

Viste da un’altra ottica certe scelte potrebbero essere interpretate come gesti nobili,  il lasciar cadere il coltello da mezzo ai denti e farsi guidare dall’istinto e non dalla smania di difendere la testa del criterium… che bella la psicologia! Ovviamente le mie sono scherzose provocazioni!

Per concludere questo sproloquio che se fosse stato senza punteggiatura poteva sembrare un flusso di coscienza alla James Joyce, vorrei complimentarmi davvero per i brillanti risultati conseguiti da tutte e da tutti questa domenica, compresi Ugo ritornato in grande spolvero e Peppe nella grandiosa prova di ben 30 km di trail a Pitigliano!

PS: volevo dirvi che sto preparando la legnaia… per darvi le prossime “legnate” e per cucinarvi la bruschetta nei prossimi raduni a Villavillacolle!

I figli dei Butteri

Al risveglio, sento la pioggia ticchettare, come previsto. L’idea di mettermi in macchina per andare a Bassano in Teverina a disputare l’ennesima gara, non mi attira per nulla. Potrei girarmi dall’altra parte e continuare a dormire ma ritengo di aver riposato a sufficienza. Mi vesto, colazione e… giù in strada, per un lungo. Appena metto il naso fuori dal portone, una pioggia fredda e una brezza ancora invernale mi accolgono in malo modo. Mi faccio violenza e proseguo, nonostante la spiacevole sensazione dell’acqua fredda che comincia a penetrare nelle scarpe.

Mentre mi avvio da Palombara verso Marcellina, riflessioni sopraggiungono. Sono quelle, immagino di tutti i corridori nella prospettiva di affrontare 17-18 km sull’asfalto, sotto la pioggia battente, cioè: “ma quanno me passa, oggi?” Tuttavia si continua, non certo come quei video in cui si vede la tipa bella che corre felice a Central Park, con quella pioggerella che le bagna il viso e la magliettina che diventa trasparente, ma con le macchine e le pozzanghere che ti lavano da capo a piedi e i bus e i camion che ti fanno il pelo e l’autista ti manda a quel paese…

Ebbene, tra un pensiero e un vuoto di mente, arrivo a Marcellina. Questo è un paese dei Monti Lucretili, alle pendici del Monte Gennaro. Tradizionalmente gli abitanti erano dediti alla pastorizia, ed erano conosciuti come “i Butteri”. Dalle carni dei bovini di razza podolica qui allevati, si facevano le caratteristiche “coppiette” di carne essiccata. A volte ho sentito dire il detto: “Marcellina, passa e cammina”, una frase dispregiativa, di cattivo gusto, rivolta a questo paesino e ai suoi abitanti ma io, che ho diversi alunni provenienti da Marcellina, non condivido assolutamente, anche perché conosco il loro amore per la montagna, la passione con cui seguono genitori, zii, nonni, i fine settimana, per andare alla ricerca di funghi, asparagi, o a governare qualche vacca che ancora pascola brada. Conoscono i ritmi del cinghiale e quello del lupo. Lavorano il legno, cercano antiche monete, suonano l’organetto. Io apprezzo moltissimo questi ragazzi, che ancora, durante l’estate, pernottano al chiaro di luna nei prati di “Campetellu”, cuocendo il cibo al fuoco e bevendo l’acqua del fontanile.

Mentre penso queste cose, che anzi non ho neanche più bisogno di pensarle perché sono ormai parte di me, come un tatuaggio sottopelle, vedo davanti al bar di Marcellina i butteri, con il loro cappello da cowboy, gioendo del fatto che a pochi km da Roma ci sono ancora queste realtà, sebbene pochi lo sappiano.

Il richiamo del fiume: elogio della Primaberus!

Già da un mese ho programmato la giornata di oggi, in realtà c’è una doppia opzione-iscrizione: Campionato UISP sci di fondo a Monte Livata o Lunghissimo di Stimigliano, 14 km nella Valle del Tevere. Fino alla mattina alle 8 circa mi sono trovata in uno stato di incertezza come l’asino di Buridano,  dovuto all’attrattiva suscitata da queste iniziative, che, potendo, avrei entrambe fatto. Visto che non ho il dono dell’ubiquità ho scelto il fiume, dato che 14 km sono la mia distanza ideale, mentre non metto gli sci ai piedi da gennaio e un risentimento al nervo sciatico non mi facilita la distensione nel passo alternato della tecnica classica che dovrei utilizzare in gara. Arrivata a Stimigliano mi accoglie uno splendido panorama sul Tevere in una tiepida mattinata primaverile. Si, Camilla, ci siamo. La primavera è davvero alle porte, la Vipera berus diventa Prima verus e si addolcisce scivolando sonnacchiosa lungo il percorso di gara, senza inveire, ma incoraggiando le avversarie e sorridendo ai teneri tapascioni. Oggi ci sono due traguardi, uno a 28 km e un altro a 14 km in un ondulatissimo percorso ad anello da effettuarsi una o due volte, secondo la distanza. Io mi attesto con un gruppetto di donne, sempre agguerrite, superandone alcune, mentre due mi lasciano mangiare la polvere. Fortuna che proseguono per i ventotto e io taglio il traguardo prima in tutta tranquillità, totalmente ignara del risultato. A fine gara scendo verso valle. Un fiume Tevere che scorre placido, disegnando anse, in un verdeggiante paesaggio collinare. L’aria è tiepida, le calendule in fiore. Compaiono le prime viole, a nutrire di nettare quei pochi insetti pronubi appena metamorfosati… mi sto rimbambendo? Scusate, credo sia tutta colpa (o merito) delle solite endorfine!

Lento e persistente…

Ecco come sono stata incoraggiata oggi al Trail del Sorbo, nella sua primissima edizione, da non perdere.

Ci troviamo nel cuore del Parco di Veio, a due passi da Roma. Prati dai vasti orizzonti, bestie al pascolo e tanto fango, ecco come dovrebbe essere un vero trail.

Complimenti agli organizzatori, soprattutto per la cura dedicata all’aspetto relativo alla sostenibilità ambientale, in linea con l’iniziativa rifondarola (avuta da alcune mamme del Settore Giovanile di RP) nella dotazione di bicchieri in lattice riutilizzabili al posto della plastica. Anche qui, ristori di cui si poteva usufruire solo con l’uso di un bicchiere poliuso al seguito, peraltro inserito all’interno del pacco gara. Anche particolare attenzione ai premi: prodotti in natura rigorosamente bio. Che dire, bravi davvero.

E per oggi la vipera ha dato e non si dilungherà oltre. Buone corse a tutti.

Quando soffia il vento…

Quando soffia il vento, d’inverno, quando la primavera sembra non arrivare e ci sentiamo indolenziti, intorpiditi, infastiditi, incimurriti… è tempo di aria di mare. Quale migliore occasione questa Corri Fregene? Circa 18 km rasenti alla costa per assaggiare un’aria diversa e per fare un tuffo nel mare freddo, come dice il mio amico Antonio, giovane ma grandissimo corridore, a vita persa….

Ma veniamo al contesto tecnico: un percorso filante, ritmato, di strada asfaltata pianeggiante. Alcuni rifondaroli si buttano nell’impresa. Essenzialmente 3 manipoli,  più Stefano, il papà di Sofia, che approccia oggi il mondo delle gare podistiche partecipando alla non competitiva. Buon inizio, Stefano. Poi lo vedremo giocare con uno spelndido kite-aquilone, sulla spiaggia, con i colori rifondaroli.

Ma ecco i 3 nuclei: nucleo Grieco-Rossetti-Pamela, nucleo Buendias-Ricci-Panzer-Panzieri, nucleo Vipera-Paolessi-Secca (cioè io da sola).

La partenza, un po’ strettina, mi vede totalmente a freddo, senza velleità agonistiche, mezza addormentata e miseramente incastrata nel collo di bottiglia della stradina in cui si snoda la prima parte della gara, svicolante tra villini e casette che nascondono la nobile origine di questa cittadina, prima etrusca e poi romana, antico porto che gli Etruschi avevano costruito sull’Arrone.  Il nome Fregene deriverebbe da frango nel senso di infrangersi sugli scogli o meglio gli isolotti sparsi in un’ampia laguna che raccoglieva le acque del Tevere e dell’Arrone. Da una ricerca è inoltre emerso che il nome di Fregene potrebbe essere riferito a Frigia, luogo di origine di alcuni mercanti, che con le loro navi facevano rotta verso la zona mineraria di fronte all’isola d’Elba e che facevano scalo proprio a Fregene.

Mi mette nostalgia questa atmosfera decadente, quel villaggio di Pescatori ormai location di ristorantini e trattorie alla moda e radical chic. Traspare l’antico splendore dell’agglomerato urbano, se così si può definire, sorto alle spese dell’antica duna costiera di cui rimane traccia nell’Oasi del WWF di Macchiagrande, nella zona di Maccarese, che traversiamo velocemente durante la nostra corsa.

In questa zona era situata la Fregene romana e guarda caso scopro che attualmente tale territorio è oggi denominato Primavera, la tanto agognata Primavera, alla fine, l’abbiamo trovata proprio qui.

Comunque, la mia corsa prende un ritmo accettabile. Da bravo muletto mi assesto su un passo e km per km procedo.

Sento alcuni podisti che chiacchiero, ma io sono concentrata sul respiro e non penso a niente. A tre quarti della gara incontro la bravissima Cristina, che, di buona lena si avvia a concludere alla grande la sua prova. Prova a comunicare giocosamente con un’antipaticissima Vipera berus, ma tant’è. La Vipera non si smentisce,  è velenosa e scostante, tanto logorroica e cazzarona nella vita di tutti i giorni, quanto silenziosa e acida nel gesto atletico.

Al termine della gara ( anche se le gare hanno proprio questo, di bello, che non finiscono mai, ma questa è un’altra storia), giungo all’arrivo con la consapevolezza di aver fatto, nonostante la stanchezza arretrata che mi porto sulle gambe, una gara decente. Mi ritrovo con Simone, poi con Johnny Dalton e la Mitica “Panzer” Panzieri (Camilla, tu ancora non ci credi pienamente ma sei una forza della natura e presto lo scoprirai) che nonostante la bronchite, porta a termine una prova impegnativa in maniera più che soddisfacente.

Alle premiazioni, da seconda che ero, mi restituiscono il primo posto di categoria, erroneamente assegnato a un’altra. Mi sembra anche troppo per questa gara totalmente improvvisata. Però nel premio c’è un asciugamano da mare. A questo punto non rimane che buttarsi in acqua!

Così, con i Dalton, in un grido liberatorio, come ragazzini di 9 anni, ci buttiamo nel Mare Nostrum, nel bellissimo Tirreno, forse un po’ freddino, con la duna mangiata dal cemento, con la spiaggia assediata dall’asfalto, dai ristoranti e dai speculatori, ma sempre nostro, alla faccia vostra!

Fatti, pensieri, parole (troppe) dalla Corsa di Miguel

Io sono il freddo

Mattina di gennaio. E’ giunta anche la domenica di Miguel. Ci ritroviamo al deposito borse, spaventati all’idea di metterci  in pantaloncini. Fa freddo. Questo freddo che quest’anno non accenna a finire. Un freddo che ti entra nelle ossa. Quando ti senti giù ti entra pure nell’anima o, come nella fiaba della regina delle nevi,  quella scheggia di ghiaccio ti si infila nel cuore e ti fa un male cane. Comincia il riscaldamento pre gara ma questo mio piccolo motore, questo cinquantino, questo metabolismo da sorcio che mi ritrovo fatica a carburare e il calore non arriva. Allora dico a me stessa: il freddo è solo una proiezione mentale, posso gestirlo, perché io sono il freddo, il freddo è in me,  io sono parte di esso. Come per magia non sento più niente e la gara comincia.

Pierluke Skywalker: che la forza sia con te… e con il tuo spirito!

Mi infilo nella prima onda di partenza subito in coda ai top runner (che vergogna, alla Vipera berus non potevano dare un pettorale così alto, ma ho saputo rimediare), in compagnia di Pierluke. Proviamo a correre assieme, allo stesso ritmo ma entrambi non ci diamo due lire, uscendo lui da un infortunio e io da 5 gare in meno di 30 giorni. Però già dal primo chilometro gli dico: le gambe ci sono. Ci assestiamo , inaspettatamente su un ritmo che non è il nostro, decisamente più veloce e ci diciamo: quanto reggeremo? Io rispondo: Pierlu’ finchè dura fa verdura.

Il sole di mezzanotte

La scimmia arriva al 5° km o giù di lì. Non è un gorilla o un orango ma pur sempre un bel gibbone. Pierluca mi dice che quest’estate farà la mezza maratona a Rejkyavik, con partenza a mezzanotte, alla luce del sole, lo so che lo fa per distrarmi ma sono concentrata e teniamo l’andatura in modo naturale, senza paura.

John Save the Queen

Ma ecco che alcuni compagni di squadra, dalle retrovie (a parte i top partiti davanti), cominciano a farsi sotto.  Qualcuno prova anche a superarci e ci riesce, ma altri grippano miseramente, vedi  quel nerd di Mr. Pumpkin che prima ci svernicia, poi rimane lì a 30 metri…  L’ottimo Nanni Salvatori, pure lui uscente da infortuni e acciacchi vari, prova a stare con noi, ma poi ci molla al 7° Km. Ma tanto, mi dico, Giovanni, ero lanciata ormai a chiudere in 45 e rotti e probabilmente non ti avrei aspettato, ma grazie per quei momenti di gioia e il sostegno morale che ci hai regalato ( e la soddisfazione per averti legnato!!!!!!).

Fioriture precoci

All’arrivo, nello Stadio Olimpico, ci ritroviamo tutti, compresi i compagni della Strarazzismo. La tensione si allenta, non fa più tanto freddo. Arrivano tutti,  a gruppi o singoli. Arriva La bellissima Valentina, la tostissima Ambra, la dolcissima Camilla, la meravigliosa Alice, la coriacea Direttrice. Arriva Fabio Boattini e Angelo Solimini, arrivano i Guerra?  (in realtà vediamo solo Andy perché gli altri due sono troppo veloci),  arriva Marcella , i Nulli e Scozzarella. Arrivano proprio tutti, bambini e ragazzi, che poi, si riversano nel prato verde dello Stadio dei Marmi Pietro Mennea a giocare a Rugby. Sono bellissimi da vedere, altro che derby!

Ripenso ai discorsi fatti alla partenza con Camilla che esce dall’influenza e mi dice che sta riprendendo con grande fatica. Le dico la mia opinione, e in effetti lo dico anche a me stessa. Sono convinta che, per quanto freddo può fare, cara Camilla, quest’inverno, come ogni anno, cadesse il cielo, tu aprirai la finestra e sentirai l’odore della primavera. Allora ti sentirai bene, piena di energie.  E non tarderà ad arrivare ‘sta primavera. Verso la fine di febbraio, se vai nel bosco troverai già il croco (Crocus neapolitanus) e la scilla (Scilla bifolia), l’anemone (Hepatica nobilis) e il bucaneve (Galanthus nivalis) in fiore. Li vedrai spuntare tra la neve. Come loro anche noi non siamo altro che fioriture precoci.