Tutti gli articoli di Paola Paolessi

Paola Paolessi, detta “La Secca” o “Vipera berus” è una cittadina del mondo. Nata e cresciuta nelle borgate romane ha fondato e suonato nel gruppo dei Floema, band punkrockblues psichedelica. Laureata in Scienze naturali e podista di buona lena, ha svolto alcuni tra i mestieri più belli tra cui la Guida Ambientale Escursionistica, il Guardiaparco, la Naturalista, l’Insegnante, l’Istruttrice di Atletica Leggera. E’ la mamma di Lara.

I figli dei Butteri

Al risveglio, sento la pioggia ticchettare, come previsto. L’idea di mettermi in macchina per andare a Bassano in Teverina a disputare l’ennesima gara, non mi attira per nulla. Potrei girarmi dall’altra parte e continuare a dormire ma ritengo di aver riposato a sufficienza. Mi vesto, colazione e… giù in strada, per un lungo. Appena metto il naso fuori dal portone, una pioggia fredda e una brezza ancora invernale mi accolgono in malo modo. Mi faccio violenza e proseguo, nonostante la spiacevole sensazione dell’acqua fredda che comincia a penetrare nelle scarpe.

Mentre mi avvio da Palombara verso Marcellina, riflessioni sopraggiungono. Sono quelle, immagino di tutti i corridori nella prospettiva di affrontare 17-18 km sull’asfalto, sotto la pioggia battente, cioè: “ma quanno me passa, oggi?” Tuttavia si continua, non certo come quei video in cui si vede la tipa bella che corre felice a Central Park, con quella pioggerella che le bagna il viso e la magliettina che diventa trasparente, ma con le macchine e le pozzanghere che ti lavano da capo a piedi e i bus e i camion che ti fanno il pelo e l’autista ti manda a quel paese…

Ebbene, tra un pensiero e un vuoto di mente, arrivo a Marcellina. Questo è un paese dei Monti Lucretili, alle pendici del Monte Gennaro. Tradizionalmente gli abitanti erano dediti alla pastorizia, ed erano conosciuti come “i Butteri”. Dalle carni dei bovini di razza podolica qui allevati, si facevano le caratteristiche “coppiette” di carne essiccata. A volte ho sentito dire il detto: “Marcellina, passa e cammina”, una frase dispregiativa, di cattivo gusto, rivolta a questo paesino e ai suoi abitanti ma io, che ho diversi alunni provenienti da Marcellina, non condivido assolutamente, anche perché conosco il loro amore per la montagna, la passione con cui seguono genitori, zii, nonni, i fine settimana, per andare alla ricerca di funghi, asparagi, o a governare qualche vacca che ancora pascola brada. Conoscono i ritmi del cinghiale e quello del lupo. Lavorano il legno, cercano antiche monete, suonano l’organetto. Io apprezzo moltissimo questi ragazzi, che ancora, durante l’estate, pernottano al chiaro di luna nei prati di “Campetellu”, cuocendo il cibo al fuoco e bevendo l’acqua del fontanile.

Mentre penso queste cose, che anzi non ho neanche più bisogno di pensarle perché sono ormai parte di me, come un tatuaggio sottopelle, vedo davanti al bar di Marcellina i butteri, con il loro cappello da cowboy, gioendo del fatto che a pochi km da Roma ci sono ancora queste realtà, sebbene pochi lo sappiano.

Il richiamo del fiume: elogio della Primaberus!

Già da un mese ho programmato la giornata di oggi, in realtà c’è una doppia opzione-iscrizione: Campionato UISP sci di fondo a Monte Livata o Lunghissimo di Stimigliano, 14 km nella Valle del Tevere. Fino alla mattina alle 8 circa mi sono trovata in uno stato di incertezza come l’asino di Buridano,  dovuto all’attrattiva suscitata da queste iniziative, che, potendo, avrei entrambe fatto. Visto che non ho il dono dell’ubiquità ho scelto il fiume, dato che 14 km sono la mia distanza ideale, mentre non metto gli sci ai piedi da gennaio e un risentimento al nervo sciatico non mi facilita la distensione nel passo alternato della tecnica classica che dovrei utilizzare in gara. Arrivata a Stimigliano mi accoglie uno splendido panorama sul Tevere in una tiepida mattinata primaverile. Si, Camilla, ci siamo. La primavera è davvero alle porte, la Vipera berus diventa Prima verus e si addolcisce scivolando sonnacchiosa lungo il percorso di gara, senza inveire, ma incoraggiando le avversarie e sorridendo ai teneri tapascioni. Oggi ci sono due traguardi, uno a 28 km e un altro a 14 km in un ondulatissimo percorso ad anello da effettuarsi una o due volte, secondo la distanza. Io mi attesto con un gruppetto di donne, sempre agguerrite, superandone alcune, mentre due mi lasciano mangiare la polvere. Fortuna che proseguono per i ventotto e io taglio il traguardo prima in tutta tranquillità, totalmente ignara del risultato. A fine gara scendo verso valle. Un fiume Tevere che scorre placido, disegnando anse, in un verdeggiante paesaggio collinare. L’aria è tiepida, le calendule in fiore. Compaiono le prime viole, a nutrire di nettare quei pochi insetti pronubi appena metamorfosati… mi sto rimbambendo? Scusate, credo sia tutta colpa (o merito) delle solite endorfine!

Lento e persistente…

Ecco come sono stata incoraggiata oggi al Trail del Sorbo, nella sua primissima edizione, da non perdere.

Ci troviamo nel cuore del Parco di Veio, a due passi da Roma. Prati dai vasti orizzonti, bestie al pascolo e tanto fango, ecco come dovrebbe essere un vero trail.

Complimenti agli organizzatori, soprattutto per la cura dedicata all’aspetto relativo alla sostenibilità ambientale, in linea con l’iniziativa rifondarola (avuta da alcune mamme del Settore Giovanile di RP) nella dotazione di bicchieri in lattice riutilizzabili al posto della plastica. Anche qui, ristori di cui si poteva usufruire solo con l’uso di un bicchiere poliuso al seguito, peraltro inserito all’interno del pacco gara. Anche particolare attenzione ai premi: prodotti in natura rigorosamente bio. Che dire, bravi davvero.

E per oggi la vipera ha dato e non si dilungherà oltre. Buone corse a tutti.

Fatti, pensieri, parole (troppe) dalla Corsa di Miguel

Io sono il freddo

Mattina di gennaio. E’ giunta anche la domenica di Miguel. Ci ritroviamo al deposito borse, spaventati all’idea di metterci  in pantaloncini. Fa freddo. Questo freddo che quest’anno non accenna a finire. Un freddo che ti entra nelle ossa. Quando ti senti giù ti entra pure nell’anima o, come nella fiaba della regina delle nevi,  quella scheggia di ghiaccio ti si infila nel cuore e ti fa un male cane. Comincia il riscaldamento pre gara ma questo mio piccolo motore, questo cinquantino, questo metabolismo da sorcio che mi ritrovo fatica a carburare e il calore non arriva. Allora dico a me stessa: il freddo è solo una proiezione mentale, posso gestirlo, perché io sono il freddo, il freddo è in me,  io sono parte di esso. Come per magia non sento più niente e la gara comincia.

Pierluke Skywalker: che la forza sia con te… e con il tuo spirito!

Mi infilo nella prima onda di partenza subito in coda ai top runner (che vergogna, alla Vipera berus non potevano dare un pettorale così alto, ma ho saputo rimediare), in compagnia di Pierluke. Proviamo a correre assieme, allo stesso ritmo ma entrambi non ci diamo due lire, uscendo lui da un infortunio e io da 5 gare in meno di 30 giorni. Però già dal primo chilometro gli dico: le gambe ci sono. Ci assestiamo , inaspettatamente su un ritmo che non è il nostro, decisamente più veloce e ci diciamo: quanto reggeremo? Io rispondo: Pierlu’ finchè dura fa verdura.

Il sole di mezzanotte

La scimmia arriva al 5° km o giù di lì. Non è un gorilla o un orango ma pur sempre un bel gibbone. Pierluca mi dice che quest’estate farà la mezza maratona a Rejkyavik, con partenza a mezzanotte, alla luce del sole, lo so che lo fa per distrarmi ma sono concentrata e teniamo l’andatura in modo naturale, senza paura.

John Save the Queen

Ma ecco che alcuni compagni di squadra, dalle retrovie (a parte i top partiti davanti), cominciano a farsi sotto.  Qualcuno prova anche a superarci e ci riesce, ma altri grippano miseramente, vedi  quel nerd di Mr. Pumpkin che prima ci svernicia, poi rimane lì a 30 metri…  L’ottimo Nanni Salvatori, pure lui uscente da infortuni e acciacchi vari, prova a stare con noi, ma poi ci molla al 7° Km. Ma tanto, mi dico, Giovanni, ero lanciata ormai a chiudere in 45 e rotti e probabilmente non ti avrei aspettato, ma grazie per quei momenti di gioia e il sostegno morale che ci hai regalato ( e la soddisfazione per averti legnato!!!!!!).

Fioriture precoci

All’arrivo, nello Stadio Olimpico, ci ritroviamo tutti, compresi i compagni della Strarazzismo. La tensione si allenta, non fa più tanto freddo. Arrivano tutti,  a gruppi o singoli. Arriva La bellissima Valentina, la tostissima Ambra, la dolcissima Camilla, la meravigliosa Alice, la coriacea Direttrice. Arriva Fabio Boattini e Angelo Solimini, arrivano i Guerra?  (in realtà vediamo solo Andy perché gli altri due sono troppo veloci),  arriva Marcella , i Nulli e Scozzarella. Arrivano proprio tutti, bambini e ragazzi, che poi, si riversano nel prato verde dello Stadio dei Marmi Pietro Mennea a giocare a Rugby. Sono bellissimi da vedere, altro che derby!

Ripenso ai discorsi fatti alla partenza con Camilla che esce dall’influenza e mi dice che sta riprendendo con grande fatica. Le dico la mia opinione, e in effetti lo dico anche a me stessa. Sono convinta che, per quanto freddo può fare, cara Camilla, quest’inverno, come ogni anno, cadesse il cielo, tu aprirai la finestra e sentirai l’odore della primavera. Allora ti sentirai bene, piena di energie.  E non tarderà ad arrivare ‘sta primavera. Verso la fine di febbraio, se vai nel bosco troverai già il croco (Crocus neapolitanus) e la scilla (Scilla bifolia), l’anemone (Hepatica nobilis) e il bucaneve (Galanthus nivalis) in fiore. Li vedrai spuntare tra la neve. Come loro anche noi non siamo altro che fioriture precoci.

The Wild, the Innocent and the E-street Shuffle

Wild Billy Circus.

Well, the runway lies ahead like a great false dawn
Whoa, Fat Lady, Big Mama, Missy Bimbo sits in her chair and yawns
And the man-beast lies in his cage sniffing popcorn
Yeah, the midget licks his fingers and suffers Missy Bimbo’s scorn
The circus town’s been born.

B.S.

Chissà perché quando vedo I fratelli Dalton mi viene in mente qualcosa a metà tra un film di Sergio Leone e un pezzo di Bruce Springsteen. Poi, quando ci aggiungi Mauro T. er polentone e Angelo S. il Suola e il contest è la Maratonina dei 3 Comuni, non ci sono più dubbi: siamo al Wild Billy Circus.

Eccoci qui, stremati e infreddoliti, ma tuttavia sempre presenti sul pezzo. Sono ormai alla mia settima 3 comuni, mentre per loro è la prima. Vedo entusiasmo e soddisfazione, qualche spiritosaggine frutto dell’abbondante dose di endorfina prodotta fa dire al Suola battute e spoloqui, tra  cui, fatemi ricordare, una vagonata di demenzialità su quanto conforto ha avuto lungo il percorso aver fatto alcuni km con una certa ”Filfona” che presumo sia una strappona filantropa filogeneticamente molto dotata o chissà cosa.

Pensate, i 4 infingardi, aizzati dal polentone, mi hanno accusata di aver preso la scorciatoia, visto che quest’ultimo, dopo aver succhiato le ruote per più di mezza gara, si è fatto sotto con la sottoscritta solo il 16° km.

Comunque, tornando agli aspetti tecnici della gara voi vi chiederete perché Wild Billy Circus. Credo che questo evento sportivo, per quanto impegnativo sotto molti lati, sia la tapascionata per eccellenza, dove ne vedi di cotte e di crude, con una ricchezza in personaggi, dialetti, look, per tutti i gusti. Ti puoi fare qui un’idea delle mode e delle usanze di “tendenza” tra i corridori del centro Italia. Ora la va per la maggiore il calzettone contenitivo per le vene varicose e il manicotto. Noi ci distinguiamo invece per il nostro outfit anacronistico e fuori dagli schemi. Prendiamo Giovanni “Johnny” Dalton, non è forse un uomo di altri tempi, con il suo look pankabbestia e le sue gambette da mediano anni ottanta (vedi Oriali)?

Ma non è (solo) il vestiario che trasfigura l’uomo (o la donna). La 3 comuni è la somarata per eccellenza che ti cambia i connotati. Presa sottogamba o senza la dovuta freschezza ti fa invecchiare di qualche anno. Al termine puoi arrivare veramente cotto. Osservate bene la foto: i meglio messi sembrano Johnny e Francis Dalton, ma se guardate a fondo le borse agli occhi sono valigie, le rughe sono solchi. Ma chi ce lo fa fare? La risposta.

Day after, congresso UISP. Tarda ora e conferma della lista dove è presente la nostra Direttrice. La cosa che mi è piaciuta dell’iniziativa, oltre alla riconferma della nostra “Stacanof Lichtner” che è tutta una garanzia  è l’entusiasmo che traspare nei numerosi interventi, fatti in gran parte da persone “grandi”, anche di età.

Gente che non si è stancata di sostenere gli stessi principi, combattere le stesse battaglie, insistendo a distanza di anni nel tentativo di abbattere quel cavolo di muro rappresentato da burocrazia, politica spicciola, malcostume.  La coerenza è una gran cosa. Mi ritrovo in tanti interventi, e soprattutto nella voglia di crescere ancora, di provare nuove strade senza smettere di percorrere le vecchie. Insieme a questa squadra, a questi elementi a volte un po’ pittoreschi , un po’ wild billy circus style, ma veramente simili a me. Rivedendo i video e le foto relativi alle esperienze di Rebibbia e delle Corri per il Verde mi sento parte di un progetto che è oltre lo sport e questo mi restituisce un profondo senso di appagamento, nonostante la stanchezza accumulata. E’ come percorrere una lunga 3 comuni senza fermarsi. A volte arriva il ristoro ma tu neanche bevi… a volte scambi battute con chi ti corre accanto, ti lasci andare nei pensieri e nei paesaggi, arriva anche la “botta”, la scimmia che ti chiede il conto, ma anche questo è parte della vita e rappresenta un momento di crescita.

Ora ci prepariamo per la prossima prova, quella di correre al meglio la Corsa di Miguel e magari a gridare forte in modo che ci notino, che questa iniziativa non venga oscurata o assimilata a poco più di una banale gara domenicale. Saremo in tanti e ci faremo sentire. Per le strade di Roma.

Runnin’ home to some small Ohio town
Jesus, send some good women to save all your clowns…

Il senso della vipera per la neve e per… le botti!

Una doppietta all’insegna del gelo e delle rigide temperature invernali, insolite a queste latitudini. Un meno 10 di Monte Livata (e forse qualche grado in meno nei campi carsici innevati di Campaegli) non hanno però impedito alla solita “banda di matti” di percorrere l’ormai mitico Winter Trail che da qualche anno si disputa sulle montagne dell’appennino sublacense, nelle splendide faggete dei Monti Simbruini.

Andando verso Campo dell’Osso, location della prova del trail, ho vissuto l’aspettativa della gara come un salto nel buio, non tanto per la presenza di neve che poi si è rivelata non eccessivamente alta ma tuttavia poco battuta, quanto per il freddo e il vento, veramente notevole sin dalle basse quote e nocivo per un animale a sangue freddo qual è una Vipera berus.

Tuttavia, come si dice a Roma, è ita. Imbacuccata davvero come la Befana (non per niente trattasi del 7 gennaio), ho corso mezza gara con un losco figuro che poteva sembrare Diabolick, alla fine rivelatosi come Pasquale P., un nostro stimato ex compagno di squadra rifondarolo. All’arrivo, tutti stipati nella casetta di legno del Parco, a bere the bollente, sembrava di essere in una via di mezzo tra il campo base di una spedizione in Alaska e la taverna del primo Star Wars in cui Skywalker e Ben Kenobi  incontrano Han Solo e Chewbecca, peccato manco un cordialino, un vin brulee, un amaro lucano o qualche cicchetto a riscaldare gli animi. Una 3° posizione come donna over… beh lasciamo perdere over cosa, mi ha rinfrancata del clima siberiano e dell’assenza di qualcosa di forte e posso dire di essere tornata a casa contenta e soddisfatta.

Infatti, galvanizzata da ciò che tutto sommato può essere considerata una fantastica esperienza di una certa “estremità”, the day after, mi sono rigettata in maniera del tutto inconsulta in un nuovo trail indetto a scopi benefici, organizzata dalla “Vichinga” e dal nome e dalla location quanto mai bizzarre: La Botte Trail. E voi direte a questo punto che per un’ubriacona come me, non poteva esserci sede migliore, tuttavia, per chi non lo sapesse, La Botte è una piccola e graziosa frazione di Guidonia, posizionata sotto i Monti Lucretili, con una dimensione ancora decisamente agricola, Per cui anche qui alla fine si è andato a the bollente e addio al grappino. Le temperature, circa -3* C, sembravano quelle di un clima primaverile a confronto del giorno prima, quindi la prova, su un terreno asciugato dalle rigide tramontane, si è rivelata una facile e corroborante passeggiata di salute.

Ora vorrei dire ai miei illustri e rosiconi compagni di squadra se questa doppia prova-somarata non merita almeno i 5 punti della mezza farsa natalizia dei Babbi Natali a cui in ogni caso vorrei dedicare questa breve filastrocca dalla rima baciata:

La Befana vien dalla Botte con le scarpe tutte rotte
Per chi la sfotte son tante botte
Per chi ci crede so angurie cotte
Vien dai monti con il gelo e la tramontana
Con il cappello e la bandana
Viva Viva La Befana!

Boohclassic?

Innanzitutto buon anno. Poi, la prima cronaca. Da qualche anno la vipera partecipa (e costringe la figlia a partecipare) alla famosa corsa podistica di San Silvestro a Bolzano, conosciuta come Boclassic. Devo dire che sotto alcuni aspetti questo evento è decisamente funzionale a un vero bagno di umità, cioè, se uno prima pensava di essere una pippa, dopo questa gara, de ppiù. Detto questo, molte sono le cose che rendono questa manifestazione accattivante e meritevole di una partecipazione. Per una compulsiva quale sono ormai è una tappa fissa, da cui poi proseguire per la Val Pusteria, dove spero  di riuscire a fare wash out dalla corsa e cambiare sport (sci nordico) per una settimana. Il risultato? Doppia seduta combinata sci nordico-corsa per poi tornare a casa e al lavoro più cotta che mai. Ma torniamo alla Boclassic. C’è prima una non competitiva, detta charity run a cui partecipano in pochi. Segue la gara amatoriale, poi le categorie giovanili e, infine, le Elite, i campioni mondiali che si esibiscono tra le vetrine delle boutique di Bolzano e le bancarelle dei mercatini di Natale. Ogni giro, tra i vicoli e i viali del capoluogo altoatesino, è pari a 1,250 km da ripetersi più volte. Immaginatevi i doppiaggi! Gli Elite ci impiegano un tempo ridottissimo e ti sbattono in faccia tutta la tua lentezza. Comunque un freddo becco rende necessario correre già con il vestito del veglione, cioè in lungo, cappello, se non passamontagna, doppio guanto, manicotto (vero accessorio del corridore elegante stile Boris)  e maglia termica. Una nota in merito all’organizzazione: ineccepibile. Bagni sempre lustri che ti fan domandare se questi nordici fanno la cacca come noi. Lo spogliatoio, dove hai l’occasione di cambiarti con le atlete etiopi, vere antilopi e gazzelle, perfetto. Pacco gara ricchissimo, con tanto di maglia da maschio o da femmina e con la giusta taglia che puoi scegliere. Negli spogliatoi c’è cordialità, ci si sorride (o sono smorfie di freddo?) e ci si saluta. Quest’anno ho conosciuto Lucia, atleta di Vicenza, che se dovesse leggere questa cronaca, saluto con affetto.

Ma veniamo ai dettagli tecnici. Il percorso è, come già detto, un anello di 1,250 km, nervoso, con curve tra i palazzi del centro di Bolzano, con lievi falsipiani e fondo in asfalto e in sampietrini, da ripetersi per 4 volte. La parte più dura della gara è il riscaldamento, che in questo caso è solo un modo di dire, dato che per quanto corri non riuscirai mai e poi mai a scaldarti e visto che di solito siamo a -4, se va bene. Quest’anno, un poco di sole che tende velocemente a sparire dietro le montagne, ci regala qualche grado in più, ma tanto che importa? Al via non senti più niente, anzi il fatto di essere sull’orlo del congelamento ti anestetizza il cervello: sono 5 km in apnea, quasi indolori . Sento gli altoatesini  ai lati della strada che fanno il tifo: op, op, op! Sono di certo la più terrona dei partecipanti, neanche un toscano o un marchigiano. Completo comunque la mia gara sotto i 25 minuti. Poi tocca a Lara. Incavolata per il freddo e la levataccia e imbacuccata dalla testa ai piedi si butta tra la mischia e alla fine porta anche lei al traguardo i colori rifondaroli.

Proseguiamo il nostro viaggio verso la Val Pusteria. E’ tutto così graziosamente verde, con le piste innevate artificialmente, come strade bianche tra i prati dalle graminacee ingiallite. I boschi di abeti e larici invitano a rotolartici in mezzo, tra i cespugli di mirtilli, gli aghi di larice e il soffice muschio. Mentre corro lungo i sentieri penso che sarebbe bello organizzare una trasferta societaria quassù, intanto il lago ghiacciato mi scricchiola sotto i piedi e rischio di caderci dentro… qui nella natura ritrovo me stessa e i cronometri, le categorie e le posizioni lasciano il tempo che trovano come è giusto che sia.

A un certo punto mi aspetto quasi di incontrare gnomi e folletti, durante le mie uscite di corsa e di sci di fondo. Di cose insolite qui se ne vedono tante e ogni uscita è una scoperta, un incontro, un qualcosa che incuriosisce. Anche i depuratori sembrano disegnati dagli architetti, per non parlare dei bagni chimici, gioia e orrore di ogni corridore che si rispetti. Ad esempio, alla fine della seduta di sci di questo pomeriggio ho visto una struttura prefabbricata con sopra questi simboli (vedi foto qui sotto): chi di voi sa dirmi di cosa si tratta?

Glῢckliches neues Jahr an alle Laufenden Refoundina!

Il Ventennale

Eccoci ormai giunti al Ventennale. Il 400 alla pista della Farnesina ne ha sottolineato due aspetti simbolici principali: il primo è che ancora, dopo vent’anni, bene o male ci reggiamo in piedi per poter fare piano o forte che sia il fatidico giro della morte, il secondo è che siamo anche pronti per il passaggio del testimone alle nostre giovani leve. Un filo conduttore che lega il più piccolo al più grande è ormai stato teso, un percorso ben delineato è stato tracciato.

Il verde rifondarolo sfila in maniera costante e continua per più di un’ora nella prima corsia in pista alla Farnesina.

L’evento, dal campo, si trasla a Palombara, presso la ormai consolidata sede sociale di campagna di RP Villavillacolle, in onore di una delle mie pedagogiste preferite: Pippi Calzelunghe.

Qui ha avuto luogo la parte mangereccia ma anche bevereccia, con intermezzi dedicati a varie attività, tra cui botti e fumogeni, premiazioni, distribuzione di pani e pesci (la Direttrice ha fatto il miracolo). Sempre è evidente quella sfumatura di familiarità e fratellanza che ormai ci tiene uniti da tanto tempo, con le new entry davvero ben amalgamate.

Nonostante fossimo davvero tanti, sono emerse alcune grandi assenze. Per esempio si è sentito il vuoto del Potente. Corrado aveva anche portato due chitarre per ingaggiare il ben noto duello musicale a suon di cantautori. Poi il Trentino, il Mola, il Pompili. Fratelli, o meglio, Padri fondatori, ci siete mancati.

Dal Tracotante c’era da aspettarsela la sola, ma dal Salvatori proprio no. Assente anche la Chiappini, gli Sticca-Salonico, la Valchiria, Cotoletta, Betta, Antonella, Alice e Chiara, altri istruttori che avremmo voluto con noi come parte della nostra storia.

Tuttavia mi sento di dire grazie a presenti e assenti. Grazie a tutti coloro che in qualche modo hanno contribuito negli anni ad arricchire questo bel gruppo di note positive, colori, sorrisi, sostegno, buone parole e tanta tanta voglia di correre o comunque di stare insieme, respirando aria fresca il sabato e la domenica, anziché preferire quella condizionata di luoghi chiusi o dei centri commerciali. Rifondazione Podistica. Tante le domande sul perché di questo nome e non sta certo a me dirlo, ma è sicuramente prerogativa dei soci fondatori raccontare il perché di questa scelta. Per me ha molti significati. Uno è il seguente. Credo che pur essendo eterogeneo per tanti aspetti, emerge in questo gruppo la necessità di rifondare o riconfermare un modo di fare sport coerente con uno stile di vita non focalizzato su sfide e traguardi, ma fatto di strade, percorsi, condivisioni, cooperazioni. Il tutto condito dall’essere se stessi in modo fresco, genuino, naturale.

Scusandomi per questi sentimentalismi del tutto personali e forse fuori luogo, tornerei alla domenica successiva ai festeggiamenti.

Il giorno dopo il suddetto baccanale, tanto per cambiare, la festa continua per campi e strade. Ci rechiamo a gareggiare o ad allenarci tra Ville, campi e strade. Qualcuno  da bravo nerd rimane a casa a vedersi Star Wars o Star Trek, a smaltire la sbornia sul divano con la scusa di accudire figli influenzati o di assolvere incombenze lavorative o familiari.

Io, con qualche perplessità, mi butto sulla gara al Prato delle Valli, una first edition da non perdere, chiamata “Run for Saletta”, paesino terremotato in cui il podista a cui è dedicato questo Trofeo, Gabriele Nobili, ha perso la vita. Altri si recano a Villa Pamphili alla ormai consueta tapasciata “Christmas Run” o dovrei dire Christmas Rum, visto il quantitativo nel sangue di “Pampero” del Pumpikin (scusate il gioco di parole). I risultati? Boooh! Non ci ho capito molto, per quanto mi riguarda ero ancora cotta dal giorno precedente, credo di essere andata piano, però a fine stagione ci si può accontentare anche di questa prestazione mediocre, senza salami, né salamelecchi.

Vedo che nonostante fossi spaventata dalla pagina bianca, mi sono già dilungata troppo e qualcuno avrà già smesso di leggere da un pezzo. A chi lo ha fatto, ma anche a chi ha continuato a leggere questo sproloquio la Vipera vorrebbe fare gli auguri di Buon Natale e felice anno nuovo con una citazione di Astrid Lindgren, autrice della ben nota Pippi Calzelunghe, da dedicare alla nostra ormai poco più che ventenne società, e a sottolinearne lo spirito sempre giovane e arzillo, nonostante l’età che avanza, ma soprattutto alle nostre giovani leve, con l’augurio che mantengano sempre la freschezza nello spirito e nelle gambe e la giocosità che da sempre li contraddistingue.

“Sembrano proprio dei piselli eh? E invece non lo sono affatto – disse Pippi – Sono delle pillole Cunegunde. Me le diede molto tempo fa a Rio, un vecchio capo indiano quando gli dissi, con un giro di parole che non ci facevo una malattia per diventare grande. Bastano queste pilloline? – chiese Annika dubbiosa. – Senz’altro – Assicurò Pippi. – Ma bisogna inghiottirle al buio e recitare questa formula magica: Piccole e belle Cunegunde, non voglio mai diventare grunde. – Grande, vuoi dire – la riprese Tommy – Se ho detto “grunde”, significa che voglio dire “grunde” – disse Pippi. – Il trucco sta proprio qui: quasi tutti dicono “grande” e non potrebbero commetter sbaglio peggiore, perché allora si comincia a crescere e non si smette più!”

Seguono buoni propositi per il 2017. A questo punto vi chiedo di aggiungere i vostri nello spazio dei commenti. Vorrei che ognuno scrivesse una frase, un aneddoto, un aforisma o un buon proposito per il prossimo anno ma anche un suggerimento o quello che cavolo gli passa per la testa in modo spontaneo, naturale, nel modo che ci contraddistingue.

Siamo tutti rifondaroli!

PS: Buon proposito della Viper berus per il 2017: provare a rivincere il prossimo criterium!

Gli ultimi

Sulla spinta di un’arringa propiziatoria presidenziale di alcuni giorni fa, cotto il cervello e fuso il fisico dai tanti eventi, gare e manifestazioni che hanno interessato la nostra società nonché la sottoscritta, mi accingo a scrivere questi brevi appunti.

Ragazzi, ci siamo. Ecco giunto il tanto atteso ventennale. Anche se non vi sarà un vero e proprio congresso credo che inevitabili saranno le riflessioni sul chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo. Ce lo siamo detto molte volte ma dopo una giornata come quella di domenica scorsa, nella splendida Villa dei Quintili e in occasione della Corri per il Verde non possiamo fare a meno di osservare quanta strada è stata percorsa e quante potenzialità ancora da esprimere. E’ vero, usciamo un po’ stanchi dalle tante attività e dalle prove che ci hanno impegnato e provato in questo autunno caldo, ma GUARDA COSA ABBIAMO COSTRUITO!

Direi degli atleti, pronti per ogni occasione e terreno, di ogni età, ma soprattutto un bellissimo gruppo di persone coese, pensanti, appassionate, in poche parole una vera, funzionante, bella SQUADRA.

Sia alle Corri per il Verde ma anche alla Natalina di giovedì abbiamo visto ragazzi e bambini pieni di entusiasmo, di passione per un confronto pulito, aperto, giocoso e, perché no, anche con una sana voglia di vincere… Però secondo me Rifondazione Podistica non è la squadra di quelli che vincono sempre e a tutti i costi, non di quelli che antepongono la sfida personale al valore umano e affettivo di un’esperienza collettiva.

A volte vedo Rifondazione come una vera alternativa nel mondo dello sport e non solo. Negli anni in cui ne ho fatto parte ne ho apprezzato moltissimo, oltre ovviamente alle profonde amicizie, il fatto di essere un luogo di condivisione di esperienze positive, toccanti. Ho imparato e continuo a imparare moltissimo dagli amici al cui fianco da anni svolgo l’attività dell’atletica giovanile e traggo un profondo arricchimento dai bambini e dal loro modo di mostrarmi l’affetto più puro e genuino.

Tante sono state le esperienze e le occasioni, per conoscere luoghi, persone e tante realtà interiori e anime affini, mediante un contatto vero fatto a volte di fango e sudore, altre volte di parole, silenzi e sorrisi.

E in questi anni non è mancata la pioggia, il vento, il freddo, il caldo, le brutte e le belle giornate,  i fiumi, il mare, le montagne, i campi di atletica, i prati incolti in cui piantare paletti, i boschi, le strade, il truck di Corrado, i borghi medievali, il pulmino grigio di Ele, le vecchie scuole dedicate a studenti partigiani e tanto altro ancora da condividere con tutti voi.

Ritengo inoltre che questa società sia per molti un approdo sicuro, un punto di riferimento per gli ultimi, per quelli che con calma si accodano nelle retrovie ad ascoltare il silenzio interiore coperto solo dal ritmo di tanti cuori che battono ognuno a suo modo ma con il giusto sound da formare una splendida melodia.

Lara non ha mai vinto ma per lei  Rifondazione Podistica ormai credo sia una casa, una parte di se e così è per me.

Vipera berus.

I nostri fiumi

Ieri, correndo lungo l’argine del Tevere, Ele mi ha espresso il suo forte legame con questo bellissimo fiume, parte della nostra storia di vita. Io questo legame l’ho sentito questa mattina con il fiume Velino, che scorre nella piana reatina. Mi lega a lui la voce di mio padre, Quinto (nonché quinto figlio e reduce di Russia), nato alle pendici del Terminillo. Ogni volta che andavamo su a Lisciano, passando per Rieti, mentre costeggiavamo questo bel fiume dalle tinte blu e turchesi mi sovviene la voce di mio padre, lenta e pacata che diceva: “il Velino!”.

La gara di oggi, la 10 Km della città di Rieti si è svolta proprio lungo l’alveo di questo mio bel fiume, tra campi di mais ormai ridotti a stoppie e allevamenti di bufale della Valle Santa. Sembrava quasi di essere nella pianura padana, con tanto di clima umido e un freddo continentale fortunatamente ancora molto accettabile.

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Appena arrivata incontro questo carico da 11 delle somarate sabine. Mi dice di non essere in forma ma io non mi fido. Come è noto il pianto del podista prima della gara è un fatto assodato, ma la Vipera non è così sprovveduta da caderci. La lascio andare nei primi km ma poi piano piano la riprendo al 7°. Lei e poi un’altra. Alla fine è bello riderci sopra.

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Il Camoscio della Sabina

Trattasi di un tal Giuseppe F., noto corridore dell’area Roma e Interland quadrante Nord Est. Un’icona della somarata. Lo ritrovo all’arrivo con una caciottina in mano, triste e sconsolato. Gli chiedo come va’ e lui, abituato a vincere sempre, mi fa: “non lo vedi, guarda come sto…”. A quel punto mi viene spontaneo dirgli, ma dai ora sei pronto per entrare nel gruppo degli anziani master RP dove ci sono tanti atleti fortissimi ma in fase di pensionamento… lui mi risponde estasiato: “che bello,  in compagnia di Scozzarella, Capizi, Ugo, Serra… che meraviglia, ci faccio un pensierino!”. Sembrava contento ma poi si è rifiutato di farsi una foto con me… chissà perché…

La coscia del porco

Ero andata per vincere il prosciutto per il ventennale, mi sono ritrovata, pur vincendo la categoria, strappata all’ultimo km a un’atleta di Avezzano, con un cesto di legumi e cereali da fare in minestra. Non me ne vogliano i compagni di squadra ma c’è crisi. Quindi che tutte le bocche da sfamare si diano una mossa a procacciare la degna cotica da abbinare alla suddetta  zuppa di farro e fagioli.

Comunque per ora è garantito il pasto vegano a base di fuochi d’artificio.. e chi vuol capire….