Nato a Napoli nel 1965, ho passato l'infanzia tra gli USA e la Francia. Tornato in Italia mi sono messo a disegnare fumetti. I miei punti di riferimento sono Goldrake, Star Wars e Lucky Luke. Iscrittomi ad architettura, ho cominciato ad apprezzare il punk e l'ingegneria strutturale, nonché sono tra i fondatori di Sciattoproduzie. Dopo la laurea mi sono occupato di animazione digitale, podismo ed edilizia sanitaria. Vivo e lavoro a Roma, sposato con due figli.
Buongiorno, trascorsa indenne l’estate, si ricomincia con l’attività agonistica di RP.
Domenica 11 settembre a Palombara e’ prevista la gara “Millennium Running”, come penultima prova del Criterium di RP.
La gara e’ di 10 km, con ritrovo entro le 9:00 e partenza alle 10:00 e costo dell’iscrizione di 10 euro.
Entro il prossimo giovedì sera 8 settembre Alessandro manderà l’iscrizione di società, per cui entro tale data ditegli chi e’ intenzionato a partecipare.
Sul post gara seguiranno altre indicazioni.
Qui sotto il regolamento della gara. Per la classifica del Criterium consultate questa pagina. Nella tabella di quest’anno sono riportate le schede dei singoli appuntamenti, oltre alla classifica generale.
Una bella giornata di sole ha accompagnato l’Etrurian Trail di Cerveteri (classifica da M. Moretti), ottava prova del famigerato Criterium Rifondarolo…
La classifica
Al primo posto il Dalton spilungone: essendo egli ben aduso a fughe nel sottobosco con palla al piede e segugi alle calcagna, per lui questo trail è ‘na passeggiata. Non può sottoscrivere il Lord Nulli, coperto di sangue che manco a Balaklava: mantiene comunque il suo aplomb britannico. Segue Zucchi, mai un capello fuori posto, ogni tanto un colpo di lacca. Meglio avrebbe potuto fare Pierluca, se non si fosse soffermato ad ogni pié sospinto, attratto dal colore di qualche pianta infestante. Non passa manco un quarto d’ora ed ecco apparire il Guerra Minor, lo abbiamo intervistato qualche riga qui sotto. Segue da presso l’indomito Novaro, in netta ripresa nonostante la fascite periostea ed un principio di febbre gialla. Il festival del martirio giunge al suo apice qualche minuto dopo, con lo sprint della Zoppa e della Sciancata, alias Marcella e la Vipera. Pare che per tutto il percorso si siano prese a frustate con fronde d’ortica e sassate sulle gengive, ma poi in pubblico fanno tutte le amicone. Primo e secondo posto per loro al Criterium. Variamente imbottigliati al fondo di questo cordone umano degno del più tragico Giochi senza frontiere troviamo Tudino e Johnny Dalton in rapida sequenza, poi Angelo che sicuramente sotto sotto trama qualcosa nonostante l’apparente dabbenaggine e l’esimio professor Lucidi, il quale pare sempre passare lì per caso. A pochi metri in linea d’aria, anche se misurati nell’arco di qualche minuto, Oliva e la fiera Camilla, futura terza incomoda nell’amazzonico pantheon rifondarolo. A questo punto i ritardi si conformano agli annunci ferroviari del meridione, con poche speranze di rivedere Pompei, Battilocchi e Boattini, ma quest’ultimo si giustifica per essere stato trattenuto da una banda di pastori macedoni.
Intervista a Guerra Minor
Per prima cosa mi vorrei lamentare con l’organizzazione dell’Etrurian Trail di Cerveteri, che ha gravemente nuociuto al benessere psicofisico mio e dei miei compagni di squadra, con consegna del pettorale all’ultimo momento. L’esimio Professor Lucidi si è punto un dito con la spilla da balia, ed io non ho potuto scaramanticamente svuotare la vescica, come mio solito. Ma veniamo alla gara, bando alle recriminazioni. Che dire poi della classifica finale, in cui veniamo qualificati come appartenenti ad una fantomatica “Rifondazione Atletica”? Devo pensare forse ad una congiura? E’ tale il timore che suscita il solo apparire dei nostri migliori atleti? Si… la gara… la gara, adesso parlo della gara. (Inspira profondamente, N.d.R.). Va bene la giornata spettacolare di sole, vanno bene i paesaggi sempre nuovi, tra la collina agreste, il bosco fitto e l’umido guado, la necropoli e la città degli ex vivi, vanno bene i sentieri scavati nel tufo, i gradoni di roccia calcarea, il basolato, il brecciolino e la terra smossa, vanno bene anche gli infortuni, una storta infame dove nemmeno gli sherpa possono venire a recuperarti, un capitombolo sui terrazzamenti a rischio unità spinale, vanno bene le fettucce biancorosse appese agli alberi, le frecce pitturate, una parabola incongrua che ti indica il cammino, vanno bene quelli davanti che battono la fiacca e quelli dietro che ti alitano sul collo, quelli che non riescono nemmeno a scavalcare una sbarra a cinquanta centimetri d’altezza, vanno bene le fette d’arancia, il colore, l’odore, il sapore del sugo fra i denti, le dita appiccicose, la sensazione di benessere amplificata dalla mancanza di ossigeno, vanno bene le salite fatte al passo, le discese a scapicollo, i sorpassi azzardati e le gomitate involontarie, vanno bene insulti e carezze, va bene pure il vivere tutta questa bellezza, tutta questa natura, tutta questa luce che filtra tra le foglie come zombi anestetizzati, lo sguardo fisso a terra tra i piedi del compagno che ti sta davanti per non cadere, manco fossimo sull’altopiano d’Asiago nel ’17, va bene pure la fila finale per i vettovagliamenti, le corna al sole, va bene tutto… ma “Rifondazione Atletica” non va bene, lo trovo insulso e mi amareggia. Basta, spegni ‘sto coso…
Ancora una volta, nonostante gli sforzi del gagliardo Lucky Pierluke, i fratelli Dalton sono riusciti a sfuggire alle maglie sbrindellate della giustizia!
E’ successo a Rebibbia, durante la Vivicittà 2016 organizzata dalla UISP. Con astuta mossa, il pistolone più veloce del West era riuscito ad attirare i tre malfattori tra le mura di un carcere, promettendo salamelle e prosciutti per tutti. Ma, mescolatisi tra i detenuti, al colpo di partenza era scoppiato un fuggi fuggi generale. A nulla sono valse le potenti falcate del Nulli, primo dei rifondaroli, seguito dall’inseguito Simòn Daltòn, lo spilungone per intenderci. Sorprendente la Vipera Berus, prima fra le donne, che bacchetta lo spompatissimo trio Gaglioppa – Conti – Guerra (inutile il rush finale del barbuto Pierluke), a seguire in ordine decrescente Frankie Dalton (detto “mazzarella” per ragioni che è meglio non indagare), un angelico Solimini e il perfido Johnnie, autonominatosi a capo della banda. Poco più dietro il Fabulous Olive Oil, Cristina, che tiene alto l’onore della famiglia Capizi, e la combattiva Camilla. Ritirata Yodel “Sciatica” Marcella, partita come fosse ancora agli Europei.
Approfittando del giubilo generale per il profluvio di punti criterium, i tre si sono poi dileguati nel dedalo della città vecchia.
N.d.R. Siamo ancora in attesa della classifica della non competitiva, ci scusiamo per il ritardo…
Ben 16 i rifondaroli alla classicissima Roma Ostia 2016, svoltasi in una giornata di sole lievemente velata. In mancanza di meglio Stikka mette in riga tutti (1h 38 e passa), sopravanzando il Gagliardo di una manciata di secondi. Segue il cappelluto Conti, che mazzola ben bene Guerra Minor, poi un Solimini troppo sicuro di sé, Frankie Dalton (nella foto segnaletica), il maratoneta Enricomaria e il perfido Johnnie Dalton, anche lui cappelluto. A un’ora e cinquantaquattro la pimpante Elisabetta, prima tra le donne in mancanza di primedonne, poi il compassato Oliva. Sull’orlo delle due ore la stella dell’est, Vera Pranvera, poi Battilocchi e Camilla Panzieri. Hanno il tempo di farsi la doccia quand’ecco spuntare la dott.ssa Murri, seguita a ruota da Giulia e Maria Vittoria, che però si erano attardate a raccogliere cicoria a bordo strada. Bravi tutti, brave tutte!
Avviso ai naviganti
E’ questa la mia quarta Romaostia, intrapresa più per scommessa che per altro. Al ritiro dei pettorali per la Miguel, Angelo mi annuncia che un folto gruppo di rifondaroli si sta formando per percorrere, come un sol uomo, i venti kilometri che separano il zozzoso laghetto dell’EUR dalla fetida spiaggia ostiense: il tutto a 5 minuti al km. Capisco che si tratta di un silenzioso guanto di sfida, che io raccatto ancor più silenziosamente. La mia preparazione atletica è raccogliticcia e intermittente, ma in fin dei conti “manca un mese e mezzo”. E’ solo due settimane fa che finalmente realizzo che i 37.00€ di iscrizione last minute potevano essere utilizzati in maniera più costruttiva, e mi costringo mentalmente a passare all’azione. Il primo allenamento è sconfortante, due mezze orette appiccicate con la sputazza di uno stretching sulla cunetta di via della Pisana. Ma non mi perdo d’animo, martedì un’ora, venerdì un’ora e dieci, domenica un’ora e venti, tra le passeggiatrici di via di Brava. Dài, si può fare! Riposo fino a mercoledì, un’ora e mezza sotto la pioggia sferzante. Cinque allenamenti cinque per preparare una mezza maratona. Venerdì ritiro il pettorale, zigzagando tra i venditori di scarpe a molla e pasticche criptodopanti. La sera prima cena da amici, una porzione esagerata di pollo al curry innaffiata di birra, tanto per tenersi leggeri. Il marito di una convitata, podista giudizioso, è rimasto a casa per preservare lo stomaco. Torno a casa e preparo il bagaglio, ora non posso sbagliare più nulla…
Sveglia alle sei, giusto in tempo per una abbondante colazione tre ore prima della partenza. L’orzo solubile in acqua calda facilita l’azione espulsiva. Mi vesto a cipolla, sopra il completino (pettorale applicato rigorosamente la sera prima) maglietta da battaglia, termica e K-way, pantaloni della tuta RP, scarpe e calze con cui correrò. Nella borsa di un orrido fucsia poche cose, un accappatoio in microfibra, mutande, calzini e maglietta di ricambio, mezzo litro d’acqua, patente e 5€: meno si ha, meno si può perdere. Mi sento come gli alpini sul Don, inforco il motorino alle sette e mezza, dopo altre sedute contemplative.
Parcheggio ad Eur Fermi, un nugolo di imbecilli dagli zainetti sgargianti già si avvia lungo la collina del palazzetto. Lascio occhiali e K-way nel bauletto, la giornata è bella, quando tutto manca mi danno un altra pellecchia all’arrivo. Orrore, c’è fila al bar, non è più tempo di fare colazione questa! La salita del palazzetto è snervante, la coda di aspiranti mezzomaratoneti si imbottiglia tra guard rail e balaustra. Davanti a me due vecchietti che sembrano usciti dagli anni cinquanta, incongrui nei loro montoncini, circondati da pezze di mylar. Finalmente sul piazzale, indirizzo un neofita verso la fila dei camion rossi, individuando il mio col numero 14. Rituale spogliarello sullo spartitraffico, rimango in completino e maglietta da battaglia (ricordo dell’inaugurazione di un albergo) e bottiglia da mezzo litro. Finalmente i rifondaroli, un Angelo in ali di plastica, il gagliardo Pierluca, il Conti che conta, un Mazzarelli / Dalton al suo primo cimento. La foto è d’obbligo, presso la lamiera rossa scaldata dal pallido sole. Sono le otto e mezza, i caposquadra urlano ordini perentori: “Chiudere i portelloni!”, i ritardatari si affrettano. E’ l’ora più importante, 45 minuti prima della partenza: mi sgargarozzo il mezzo litro. Idratazione perfetta!
Facciamo finta di scaldarci, in realtà spio un angolo dove scaricare la vescica, più che la tensione. E qui la manifestazione rivela il suo becero volto maschilista: le donne in fila ai cessi chimici, gli uomini a pisciare tra le siepi. Entro nella griglia arancione, quella degli inclassificati di Guantanamo: nonostante vanti un 1 e 36 in tempi storici, l’anno scorso non ho fatto nulla. Mi raggiungono Conti e Dalton Mazzarelli, nella griglia davanti c’è Angelo, oltre ancora Pierluca. Ma è un’altra Onda, quasi fosse un altro Universo. Si studiano le strategie, si parla con nonchalance di operazioni al basso ventre, siamo come mucche al macello, strette ad alitarci addosso, le frasi fatte che escono dagli altoparlanti servono solo ad obnubilarci. La seconda onda è partita, cominciamo a muoverci verso la partenza, mi levo finalmente la maglietta da battaglia e la scaglio in faccia ad una poveretta sulla sinistra. Inquadrata dall’arcone pneumatico, la retroguardia della seconda onda affronta la prima curva e sparisce alla nostra vista: che fine hanno fatto? E se ci fosse una voragine, lì, dietro l’angolo, e non ti puoi fermare perché i sopraggiungenti ti ci spingono dentro?
PAM! I pensieri insensati sono cancellati dallo schiocco dello starter. A furia di “…permesso, permesso…” ci siamo sagacemente ritrovati presso la linea di partenza, la densità del fluido umano di cui facciamo parte si rarefa più che linearmente, Conti ne approfitta per prendere la testa del terzetto, e capisco subito che la consegna dei cinque al kilometro per lui vale come una banconota della repubblica di Weimar. Prudentemente mi associo al Dalton, lo voglio portare sano e salvo all’arrivo, io con lui. Imposto il passo, cinque, massimo quattro e cinquanta. Una passante ci taglia la strada, schiaffeggio con la coscia la pesante borsa, ma non mi abbandono alle recriminazioni. Si passa sotto al grattaTotti, a fianco del velodromo bombardato. Passa il primo quarto di corsa, siamo in perfetto orario, contrariamente alle mie indicazioni Francesco attinge al primo vettovagliamento. Sulla complanare, in senso inverso, corricchiando ci salutano il professor Lucidi e Nonno Nanni, ma potrebbe essere una allucinazione qualsiasi, rimaniamo alquanto freddi, ma cortesi. Sento che il Dalton è confidente, sicuro della mia guida: si alternano salite e discese, le prime affrontate con determinazione, le seconde senza spendere energia, portati a fondovalle dalla semplice forza gravitazionale. Conto le pendenze con un occhio al cronometro, cercando di arrivare al salitone con qualche minuto di riserva. Ho istruito il mio scudiero sulla questione salitone: è vero, la base è ben più bassa della sommità, e fa paura per linearità indifferente, ma è un mostro che non morde, uno spauracchio da affrontare col sorriso sulle labbra. E’ peggio quello che viene dopo, un infido falsopiano, pensi che la fatica sia finita e invece… Ma lì ci sono i vettovagliamenti, i ventisette bicchieri vergini che spettano agli eroi, stringi i denti che poi è tutta discesa! E così facciamo, o almeno così la mia immaginazione mi suggerisce, afferro il bicchiere con la sinistra, un sorso in bocca, sputo senza ingoiare, come una neofita del porno, il resto sulla zucca. Perfetto! Mi volto per congratularmi con Francesco… e non lo vedo… Cerco di correre rimanendo fermo, andare avanti guardando indietro, come l’Angelo della Storia, ma niente, Dalton è stato fagocitato dai marosi umani che mi stanno alle calcagna, ha incontrato la sua ombra, che è stata più veloce di lui.
Sono solo in mezzo alla folla, ma è come se avessi perso un punto di riferimento. Al dodicesimo scocca l’ora esatta, è amaro congratularsi solo con se stesso. Un disperato mi supera col borsone sgargiante sotto braccio, come se stesse ancora rincorrendo il camion. Fisso la linea di mezzeria, alternativamente bianca e grigia. Mesmerizzato, non mi accorgo che la media, per il terzo quarto di gara, cala a 5 e 10 (certificato TDS).
L’ultimo quarto è tutto di mestiere, so esattamente quanti sono cinque, sei km, li so rapportare ai percorsi ameni della villa mia Pamphilii, dove sono solito allenarmi. Dal Bel Respiro all’Aurelia, poi fino al laghetto, il curvone che ritorna al campone, le grottaglie e siamo a tre, il Vascello e siamo a quattro. Nella mia testa sono sui vialetti di brecciolino, nella realtà sull’asfalto pseudo pianeggiante. La corsa richiede le sue vittime, una donna sulla lettiga, la mano sugli occhi, un vecchio stralunato, incartato come trota al forno in un foglio d’oro. Aggiungi acqua, aggiungi un quarto d’arancia, ormai è routine, ormai è noia: arrivo con un minuto di ritardo sulla tabella di marcia.
Nulla da ridire sull’organizzazione, mi riapproprio della borsa sgargiante, ben protetto dal K-way d’ordinanza. Siamo tutti dei puffi che spingono per uscire. Trovo una piazzola per cambiarmi, rimango per un po’ nudo ad asciugarmi, col solo accappatoio di microfibra addosso: fosse qualsiasi altro giorno dell’anno dovrebbero sbattermi dentro per oltraggio. Alla stazione invece, come in ogni giorno dell’anno c’è il delirio: mancano gli spicci, impossibile comprare i biglietti. I più previdenti l’hanno preso in settimana, alcuni addirittura l’anno scorso. Compro tre biglietti per 5€, tutto il mio budget. Scendo a Magliana, disgustato, non ne posso più di racconti di imprese podistiche. Me la faccio a piedi fino al motorino, costeggiando nuvole d’acciaio.
Concludendo, con pochi allenamenti e una condotta di gara attenta, porto a casa 6 punti di criterium. Da un lato sono soddisfatto, dall’altro un po’ annoiato. Il mostro, guardato da due file di pini marziali, brulicante di pixel umani, non fa più paura.
Anche io ho (immeritatamente) difeso i colori di Rifondazione Podistica alla maratona a staffetta di Villa Borghese. Invece di tediarvi con una cronaca in cui avrei ben poco da dire, pensavo di omaggiare graficamente tutte le squadre (anzi, squadroni) che siamo riusciti a mettere in campo, con l’augurio che l’anno prossimo siano di più e più agguerrite!
Come sapete da quest’altro articolo, a Vitigna era stata perpetrata una grave ingiustizia che rischiava di rimanere irredenta, se non fosse intervenuta, come descritto qui sotto, la più alta caricatura dello Stato.
Ultima settimana di maggio, allenamenti propedeutici alla gara di Vitigna: qualche scatto asfittico il lunedì, 12km il mercoledì e tre dico tre allunghi al campone il venerdì (500m in 1’47”, però…). Domenica il clou della settimana, ben documentato nel fumetto che segue:
Settimana in cui ho preparato la gara di Ninfa (LT). Ora, ‘preparare’ è una parola grossa, chissà quali lavoroni evoca, diciamo che ho fatto qualche scatto in salita lunedì, una decina di km il mercoledì, e una cosa più breve e più veloce venerdì. Sabato gara. Faccio base a Sabaudia (LT), si protrae, solenne, la cerimonia della vestizione. Sbaglio un po’ i tempi e arrivo sul campo dieci minuti prima della partenza, a Teresa l’onere di parcheggiare la macchina. Giusto il tempo per sistemarsi il chip alla caviglia ed echeggia il colpo di pistola. Siamo un folto gruppo di rifondaroli a presidiare la retroguardia, lo speaker, sardonico, ci saluta al passaggio. Cerco di guadagnare qualche posizione svicolando tra le frasche, ma è un fuoco di paglia, il gruppone verde acido mi supera, ed io lo lascio andare. E se fossi arrivato per tempo? E se mi fossi riscaldato a dovere? Il gruppone verde acido mi avrebbe superato lo stesso, ed io lo avrei lasciato andare, diciamo la verità, non sono al top della preparazione! Un po’ più in là aggancio Paola, cerco di relazionarmici, ma giustamente lei risparmia l’ossigeno per i processi metabolici. Potrei riaprire le sorti del Criterium, sgambettarla sadicamente, precipitarla nel fosso che di lì a poco attraversiamo, ma lascio stare, il destino ha già lavorato per me: risalendo le posizioni riconosco la sagoma della Direttrice, nettamente in vantaggio sulla Vipera Secca. E’ sempre bello veder correre un’atleta vera, la postura, la sicurezza del passo, mi vien quasi voglia di raccogliere un bastone e picchiarla in mezzo alle scapole, ma lascio stare, continuo a risalire la corrente. Concludo senza infamia e senza lode, poco prima che scocchi il quarantesimo minuto.
A seguire trasferimento a Sermoneta (LT), cena sociale con abbondante vino e torta in onore della Secca, di cui ricorre il genetliaco. Lei sorride a tutta dentatura, noi applaudiamo magnanimi, ma con l’occhio interiore vediamo una Vipera in fuga tra le rocce, una muta di cani verde acido alle calcagna.
Con un po’ di ritardo aggiorno il mio Diario podistico per la settimana di metà maggio, dedicata a fare un tre allenamenti di 10km, tanto per consolidare la ripresa.
Un famoso sito web per cui ho lavorato, mi ha offerto una sponsorizzazione sotto forma di fringe benefit. Leggi: due amiche a cui ho fatto il sito aggratis mi hanno regalato un paio di scarpe da corsa per il compleanno. Sono fabbricate da una nota marca il cui brand (che qui non posso dire) inizia per M e finisce per O, mentre il modello potrebbe cialtronescamente tradursi come ‘Cavaliere dell’Onda 18′. Ragazzi, a parte che sono molto belle (cosa strana per una scarpa da corsa), non si vedono e non si sentono: le metti, corri e pensi ai casi tuoi. Le ho usate un po’ su tutti i terreni, in gara ed allenamento, mai un problema, e poi ripeto, puoi metterle anche per andare ad una festa senza sembrare un barbone. Perfette? Macché, dopo due settimane hanno cominciato a bucarsi in corrispondenza dell’unghia dell’alluce (le ho scorciate ben bene, giuro!), per cui ora sono costretto a portare esclusivamente calzini neri per mascherare lo strappo. Vergogna, con quel che son costate (alle mie amiche)!
Dopo un fermo biologico di circa un mese e mezzo, ho finalmente ripreso a correre. Per ora ho solo scaldato i motori, quattro allenamenti per raggiungere la soglia fatidica dei 40′, cioé quando l’allenamento diventa veramente allenante. Quattro allenamenti solo per questo? Già, e vi assicuro che nonostante la gradualità, ho sofferto!
L’ultimo allenamento l’ho svolto in pista alla Farnesina, sotto un sole cocente, parzialmente con Eleonora e Paola, con le quali ho avuto occasione di parlare di cose serie e facete.
Perché mi sono fermato?
Tutti i fenomeni hanno un andamento oscillatorio, ci sono fasi lunghe e brevi. L’estate scorsa mi sono allenato parecchio, ho cercato di fare una maratona, ho fallito per motivi che forse approfondirò in un altro articolo. Questa alternanza di esaltazione e delusione mi ha un po’ svuotato, ho corso pochissimo durante le vacanze di natale, ho smesso a marzo. Ogni occasione era buona per non correre, una goccia di pioggia, il desiderio di stare al calduccio nel letto con mia moglie.
A marzo mi sentivo in ripresa, pur non avendo fatto lunghi avevo preso a fare qualche allenamento più serio in pista, e stavo accarezzando l’idea di partecipare alle staffette con il resto della squadra. Ma si vede che questa ripresa era effimera: è bastata qualche nottata al computer a programmare per togliermi del tutto la voglia di andare a correre la mattina.
Dato che la corsa è come una droga, dopo un po’ si supera la crisi di astinenza, ed uno si ritrova ‘fuori pericolo’, libero dalla pulsione compulsiva di infilarsi un ridicolo pantaloncino in lycra con maglietta coordinata e delle scarpe da pagliaccio.
Cosa succede quando uno si ferma?
A parte l’aumento di peso (un paio di kg, anche se su questo non posso essere accurato, dato che per un po’ la bilancia ha avuto le pile scariche), ho cominciato ad accusare dolori! Ogni mattina mi svegliavo con un dolore muscolare in più, un po’ come se i muscoli si ritirassero, e nell’assestamento lanciassero segnali di aiuto.
Intendetemi, non ho nessuna pretesa di scientificità, le mie sono sensazioni, vissuto personale. Io me lo spiego così: la corsa ti rafforza tutto l’apparato muscolo scheletrico della metà inferiore del corpo, ivi compresa quella zona particolarmente delicata che è l’innesto della colonna vertebrale nel bacino. La colonna viene aiutata a riprendere le sue curve naturali, riducendo la possibilità di pizzicare tutti quei nervi che dalla colonna si irradiano verso gli arti inferiori. Il motivo principale per cui ho ripreso a correre nel 2009, è che mi capitava di sentire come una corrente vagante, che dai reni si spostava lentamente verso le palle (fico, no?).
Muscoli meno tonici equivale ad una colonna non sostenuta, il che si fa sentire al risveglio oppure se si rimane fermi in piedi per molto tempo.
Perché ho ripreso?
Il drogato è felice per essersi liberato dalla dipendenza, ma sempre rimane in lui, latente, un ricordo idilliaco dei bei giorni della scimmia. Queste due pulsioni dentro di lui sono come titani che si fronteggiano, in equilibrio perennemente instabile. Ma basta che ti regalino un paio di scarpe nuove per il compleanno, basta che vedi il tuo nome scendere, scendere nella classifica del Criterium, basta che un pomeriggio di festa uno non sappia proprio cosa fare e ci ricasca. Basta una volta sola.