Trail di Punta Campanella

Pubblichiamo le foto del Trail di Punta Campanella a cui hanno partecipato Boris e Peppe. La classifica la trovate qui, mentre più sotto c’è un formidabile resoconto di Boris e le foto, veramente splendide, inviate da Peppe.

Dalle cronache apprendiamo che purtroppo la manifestazione è stata funestata da un lutto.

Boris

Con un leggero ritardo dovuto allo smaltimento dell’acido lattico su vasto laterale, sartorio e vasto mediale, che mi impedivano, se non di scrivere, perlomeno di stare seduto per più di 10’ di fila, ti invio due righe sul trail di domenica 3 maggio. La colpa è tutta di Scozza, che, con l’esca di un fine settimana in costiera amalfitana, mi ha attirato in trappola…Devo dire che sul sito dell’organizzazione, nota per essere artefice di altre mirabili somarate tipo un trail di 26km che vanta l’ascesa sul Vesuvio (!), erano presenti altimetria e planimetria del percorso…per un sottile meccanismo psicologico sono andato a dare un’occhiata solo dopo aver fatto l’iscrizione, in questo modo avrei avuto il puntello: vabbè, tanto ormai mi sono iscritto…

La puzza di fregatura ha iniziato a farsi più forte dalla mattinata di domenica, quando, arrivati nel paesino da dove si partiva, inizio a vedere gente con le bacchette da montagna, coi camelback (che non vedevo dalle granfondo in MTB) e con cartuccere di gel glucidici. Non mi sarei sorpreso se fosse spuntato Indiana Jones con la frusta e il cappello e Messner con le bombole da ottomila. Si parte da una piazzetta da cui si vede un’isoletta con tre scogli affianco…vabbè, c’è una vista stupenda su Capri e i faraglioni, ma non volevo dare la soddisfazione al perfido Scozza…

Appena partiti ci sono da fare circa 400 metri di dislivello in discesa per scendere fino al mare nel giro di 4 km, difatti, ci si infila in una pineta, poi dentro un borgo pieno di scalini, poi 100 metri di provinciale e di nuovo su un sentierino sassoso, un’agonia…

Dopo qualche minuto raccatto la prima vittima, un tizio fermo che si regge una caviglia tra le mani; passa un altro km e da un urlo dietro di me capisco che un altro si è azzoppato. A questo punto, se non fosse stato ben chiaro fin dall’inizio, comprendo appieno che mi sono infilato in un ginepraio e uscirne incolumi diventa l’obiettivo di giornata. Pertanto, la discesa viene affrontata, come diceva Ambrogi (chi non lo conosce se lo faccia raccontare) alla “mi’ nonna co’ le ciavatte andava più forte”, confidando che le qualità atletiche mi possano far recuperare qualcosa in salita, viste le corporature cignalesche degli avversari. Infatti, arrivati al mare in una caletta solitaria chiamata baia di Jeranto, che si può raggiungere solo in barca o rischiando la vita in un trail, si comincia a salire con l’obiettivo di arrivare a circa 500 metri di quota poco sotto la cima di Monte San Costanzo. Tutti i propositi di vendetta sono vanificati dal fatto che si sale su un sentiero a strapiombo tra rocce calcaree e macchia mediterranea, con il naso nel culo di quello davanti cercando il minimo varco per sorpassare, per cui correre non si può…verso la cima si entra in una pineta dove la pendenza si fa più dolce e si riesce addirittura a correre, pensa un po’! Arrivati sulla sella, spalle al golfo di Salerno e fronte a quello di Sorrento, ricomincia il divertimento! Via di nuovo in discesa e quasi tutti gli esemplari di antilocapra superati in salita mi ripassano facendo rimbombare il terreno e sollevando schegge di roccia e frammenti di pigne. Per fortuna più di metà discesa è su stradine, perciò perlomeno si può correre. La sofferenza psicofisica della discesa è destinata a finire a punta Campanella (si è capito che odio la discesa?), dove, appena oltrepassato l’omonimo faro, proprio di fronte a Capri, che come tutti sapete si chiama così per l’insalata di pomodori e mozzarella, comincia la seconda e ultima salita che ci porterà di nuovo sul Monte San Costanzo (aridaje, non ti abbastava la prima volta?). Questa volta però proprio in cima in cima, dove c’è una cappellina meta di pellegrinaggi e destinazione di bestemmie. Stavolta, level 2, la salita è complicata da ciuffi di erbacce malefiche appartenenti sicuramente alla macchia mediterranea , che Paola saprebbe classificare ed apprezzare come espressione elegante della natura; per me servono solo a nascondere malignamente la pietra maledetta, lo spuntone calcareo sul quale il tuo avampiede farà perno nel momento di massimo carico provocando una rotazione della caviglia almeno 20° oltre i limiti articolari che causerà la rottura di tutti i legamenti e, se proprio sei fortunato, anche del malleolo. A questo punto può salvarti solo l’elicottero della protezione civile o un benevolo sciacallo che divorandoti ponga fine alla sofferenza. Ah, non ci sono sciacalli sui Monti Lattari? Peccato…

Questi confortanti pensieri accompagnano la salita; sebbene tutti sappiamo dell’imprevedibilità e dell’inevitabilità del destino che ci attende, ad ogni modo non bisognerebbe stuzzicarlo così, no? Comunque giuro che un’occhiata ai faraglioni l’ho data, il mare era bello, mò facciamola finita che voglio mettere i piedi a mollo nell’acqua gelata del mare di maggio. Perciò, co’ la santa pazienza, come diceva il Coach prima di un interminabile lavoro di ripetute lattacide in pista, finalmente si arriva in cima, poco più in alto del primo passaggio, dove c’è un panorama fantastico che però stranamente Scozza, nel suo tour fototuristico travestito da trail non ha immortalato…ha tagliato o era cotto e non ha visto altro che luce bianca?

Fatto sta che affrontata l’ennesima, stavolta ultima, picchiata tra gradoni di pietra, scalini e radici verso il paese, riesco ad arrivare, e per di più vivo.

Ultima chicca: pensando che anche Scozza nella sua gita dopolavoristica con smartphone al seguito è riuscito a farsi male bucandosi un ginocchio su una pietra, decido che non posso lasciare la costiera amalfitana senza un souvenir…come fare? La gara è finita, potrei impiccarmi ad un limone ma sono bassi…decido di aprirmi la capoccia sullo spigolo di ghisa viva della fontanella della piazzetta del paese, che purtroppo centinaia di altre capocciate di sventurati bambini non hanno mimimamente arrotondato.

Come bilancio posso dire che, sebbene già avvezzo ai trail, è un altro sport ed in generale non fa per me. Così come la maratona, con l’allenamento della potenza lipidica è un altro sport, e non fa per me; il mezzofondo veloce in pista è un altro sport e non fa per me; il mezzofondo prolungato, è un altro sport e non fa per me…ma allora qual è lo sport che fa per me?

 

2 commenti su “Trail di Punta Campanella”

  1. Ho letto ora che c’è stato un lutto… ritiro inmmediatamente la mia stupida battuta. Purtroppo queste notizie sono davvero toccanti e lasciano senza parole.

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